L’organo “Aletti” (1895)
(di Marco Cecchelli)


      Dell’organo antico, collocato di fronte alla porta laterale, si ha notizia nel 1692, forse da poco costruito. Così, sostanzialmente, arrivò sin verso la fine dell’Ottocento, allorché l’antico edificio venne destinato a sacrestia della nuova chiesa.
      Lo strumento è opera della ditta organaria “Aletti” di Monza, e fu realizzato nel 1895 con il contributo personale di don Meotti e di tutta la popolazione attraverso la costituzione di un apposito comitato formato dai persone che, per censo, cultura e disponibilità economica si facessero garanti del forte impegno di spesa complessivo di 2.700 lire dell’epoca.
      Composto da più di settecento canne ripartite in 26 registri, l’organo “Aletti” di Gaggio è un raro esempio, nella diocesi di Bologna, di organo lombardo, avente qualità diverse dalla tradizione bolognese, con il suo timbro più pastoso e scuro, molto apprezzato dagli organisti anche di fama internazionale che lo hanno suonato, soprattutto nelle edizioni della Rassegna “Organi e voci dell’Appennino”, giunta ormai alla settima edizione.
      Un momento critico, per le sorti dello strumento, fu il tentativo operato intorno al 1907 di trovare un’altra sistemazione dello strumento trasportandolo, in un primo tempo dalla cantoria nell’abside dietro l’altare maggiore quindi, risultando la collocazione non idonea, trasferendolo nuovamente dov’era in origine. Risulta chiaro, che da queste fasi di smontaggio e rimontaggio, l’organo non ne uscì indenne, con difetti che sono stati sanati solamente col restauro degli anni Novanta del secolo scorso.
      Intanto, sempre nei primi anno dell’Ottocento, ci furono i tentativi dell’organaro bolognese Abele Marenzi, di snaturare l’originalità timbrica dello strumento, adattandolo alla “forma moderna” secondo la cosiddetta “riforma ceciliana”, con l’eliminazione di tutte quelle canne che riproducevano il suono degli strumenti “ad ancia”: flauti, ottavini, trombe, fagotti, tromboni …; sonorità che avvicinano il timbro dell’organo a quello di un’orchestra e conferendogli un tono più solenne e maestoso. Non se ne fece niente, fortunatamente, e così è giunto fino a noi così com’era stato costruito.
      Il restauro, effettuato negli anni 1998 e 1999 dalla ditta Lorenzini di Montemurlo (Pistoia), finanziato dalla parrocchia e da tanti parrocchiani, ha permesso di ovviare una volta per tutte ai danni subiti dallo strumento, compresi quelli subiti dall’ultima guerra.